Storia

         

   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Le Grotte di Pastena, scoperte nel 1926 dal barone Carlo Franchetti e rese turistiche a partire già dal 1927, sono annoverate tra i maggiori complessi speleologici della nostra penisola.
L'area in cui sono situate risulta una delle più pittoresche della Ciociaria, dove l'inclemenza degli eventi geologici ha determinato la formazione di un paesaggio tipico, paragonabile al Carso Friuliano, bizzarre forme di erosione e pianure legate ad antichi laghi carsici.
Il percorso turistico, che si articola tra un ramo attivo inferiore, dove scorre un fiume sotterraneo, ed un ramo fossile superiore, ricco di concrezioni calcistiche, mostra ambienti di particolare interesse, unici per maestosità e mistero.
Le stupende grotte di Pastena vanno sicuramente annoverate tra le risorse naturali più significative della provincia di Frosinone, sia per la maestosità ed il mistero degli scenari, sia per l'estensione delle diramazioni.
Sin dal 1926 le Grotte di Pastena costituiscono un richiamo continuo e costante per tanti visitatori, spinti non solo dalla passione per il naturalismo ma anche dalla curiosità di vedere stalattiti e stalagmiti in bella composizione, poste in fondo ad una valle verdeggiante ed un paese lontano dalle grandi vie di comunicazione,e, quindi, ancor più unico e caratteristico.
Nessuna penna può descrivere la bellezza e l'unicità delle Grotte di Pastena. Ogni cosa è in fondo, notevolmente vicino a quello che si presenta agli occhi del visitatore.
Stalattiti e stalagmiti in bella successione creano emozioni e suggestioni a non finire.

Il ramo attivo è lungo 2200 metri è rappresenta il percorso sotterraneo del torrente che si “ingrotta” nel territorio di Pastena con il nome di Fosso Mastro e risorge nel territorio di Falvaterra con il nome di Rio Obaco, dopo aver ricevuto i contribuiti di numerose sorgenti sotterranee perenni, in modo tale che la presenza di acque è assicurata anche nel periodo estivo.

Il ramo è stato esplorato per la prima volta nel 1966 grazie all’opera di uno tra i primi speleosub italiani, il geologo Lamberto Ferri Ricchi, il quale, giovanissimo, riuscì a violare i 7 sifoni del sistema svelandone la sua complessa struttura. 

Successivamente i 7 sifoni furono eliminati o bypassati, eccetto quello centrale, ed oggi, con una semplice attrezzatura speleologica, è possibile visitare l’intero tratto.

Il percorso che si presenta allo speleologo, partendo dall’ingresso turistico di Pastena, è piuttosto articolato, con una successione di laghetti, facili da superare con semplici canotti, e tratti a piedi sui bordi del letto del torrente formato da ghiaie, sabbie e limo.

Nel primo settore, fino al sifone, posto a circa 1 chilometro da Pastena, la sezione è piuttosto ellittica e, a tratti, poco ampia; il concrezionamento è spesso non presente ed interessato da continui disturbi legati alle piene ricche di argilla e limo, con segni di erosione e depositi di Terre Rosse.

Superato il sifone, nel secondo settore lungo oltre un chilometro, la grotta si apre con una sezione inizialmente quasi rettangolare e poi a fiamma, con altezze sempre maggiori del tetto, fino a 20 metri, con un concrezionamento di stalattiti e cortine più evidente e meno disturbato dall’azione dell’acqua.

Sulla sinistra, a circa cento metri dal limite del “lago lungo”, si ammira la bellissima concrezione dei “salici piangenti” o della “medusa”, segue una zona priva di concrezioni evidenti, ma particolarmente suggestiva per la presenza di forre e bancate di calcare biancastro.

La parte finale della Grotta mostra tutta la sua maestà con sovrapposizione di antichi rami fossili, detti “meandri abbandonati”, concrezionamento diffuso e in veloce accrescimento, con una serie di cascate e rapide che riempiono di fragore tutta l’atmosfera buia della grotta.

Le rare forme di vita sono rappresentate, oltre che da animali accidentali come i rospi e le rane, da insetti acquatici, da salamandre e pipistrelli; questi ultimi sembra popolassero questo settore già prima dell’apertura dei sifoni, alcuni scheletri sono stati trovati, infatti, sepolti nelle concrezioni calcitiche. 

Nella zona di risorgenza, pur essendo ancora presente il vecchio sifone, profondo 20 metri, si accede all’esterno passando attraverso gallerie appositamente scavate sul finire degli anni 70, per consentire un facile deflusso delle acque di piena.