Il Maggio di Pastena                            Foto

       

Il Maggio di Pastena RICERCA ANTROPOLOGICA DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA di Fabio Pannozzo - Edito 1999

 IL MAGGIO Legato al ciclo dell’anno,"il maggio" è una delle feste di primavera che celebra la fertilità come momento propiziatorio per la raccolta,ed al tempo stesso rinnova il mistero della vita sia umana che vegetale,entrambe caratterizzate dal rinnovarsi continuo. L’erezione dell’albero-maschio verso il cielo è il culmine della festa,di questo matrimonio simbolico. Nei preparativi del maggio di Pastena si ritrovano arcaiche movenze di caccia,sacrifici cerimoniali di animali,simboli legati al passaggio dall’economia predatoria a quella stanziale delle coltivazioni. Intorno al taglio ed al trasporto della pianta si rinnovano scaramucce e drammi di chiaro significato sessuale. Sulla festa pagana della primavera,che ancora mantiene forte la propria identità,pur defunzionalizzata,la Chiesa ha sovrapposto la celebrazione della S.Croce,la quale materialmente e significativamente viene collocata insieme all’alberello-femmina sulla cima del maggio.

 1 APRILE Il "Mastro di festa",un capofamiglia che sovraintende a tutte le operazioni del maggio libera per i campi una giovenca segnata con una croce sulla fronte. Essa può andare ovunque e fare qualsiasi cosa. E’ sacra. Il gesto riconduce ai primordi dell’agricoltura,quando l’uomo comincia ad asssumere un maggior controllo sulla natura e sente il bisogno di ingraziarsi l’ordine vegetale che egli altera con il suo lavoro. L’animale libero tra le messi da tagliare assume su di sè le colpe del mietitore,venendo poi sacrificato. E’ il concetto del "caprio espiatorio",ripreso dalla religione cristiana,con il Cristo che prende su di sè le colpe del mondo. E’ vero, quello che il Maestro di festa libera il primo aprile per i boschi di Pastena è il capro espiatorio, che assume su di sé le colpe del mietitore. Ma quali sono, in realtà, queste colpe per le quali la sacra giovenca viene poi sacrificata? Sono le colpe di Prometeo. Una, soprattutto: quella di aver dato agli uomini la Tecnica. Mediante la quale la terra è stata progressivamente ma inesorabilmente soggiogata dagli uomini. E grazie alla quale gli antichi Dei hanno fatto esodo da essa.

15 APRILE Una commissione di anziani sceglie tra i boschi la pianta destinata a diventare il maggio. E’ un cipresso,qualche volta un cerro o un castagno,ma sempre alto e dritto. Il suo padrone non può rifiutarsi.L’albero viene segnato con un segno di croce. Di solito la commissione ne indica anche un altro di riserva, da tagliare qualora il primo si spezzi o si danneggi durante l’abbattimento.

30 APRILE MATTINO All’alba gli uomini del paese si dirigono sul luogo dove si erge la pianta segnata. Un tempo i partecipanti raggiungevano le 400 unità.In questi anni sono ridotti a circa 150. Il Mastro intanto cattura la giovenca,la riveste di drappi rossi e la segna con la croce,guidandola ai margini del bosco ove si trova la pianta. Verso le sette il prete recita sotto l’albero alcune litanie che hanno sostituito l’orazione di "Zi Peppe",tramandatasi oralmente ed ora andata perduta con la sua morte. Si può iniziare a tagliare. Dopo il Mastro,tutti gli altri,ad uno ad uno danno i loro colpi d’ascia per l’abbattimento della pianta. Spari di fucile salutano finalmente la caduta della pianta,la quale,una volta a terra viene ripulita dei rami e di parte della corteccia Appena fuori dal bosco,sulla strada, sono ad attendere le coppie di buoi . Un tempo se ne contavano anche 120,ora sono presenti in 15. Ad esse, a turno, secondo quanto determinato con la conta tra i bovari,viene agganciato il tronco con robuste catene ed il corteo prosegue allegramente verso il paese,preceduto dalla giovenca. Nel susseguirsi convulso della cerimonia è possibile cogliere fasi legate al passaggio da una economia predatoria a quella agricolo-stanziale. Le azioni nel bosco vedono l’esclusiva partecipazione degli uomini,e si ricollegano ad arcaiche scene di caccia. Contribuire al taglio della pianta, almeno con un colpo d’ascia, è per i più anziani dimostrazione di vigore ed occasione di rigenerazione. La loro è una osservazione partecipe, di chi nella continuità cede pian piano il testimone ai più giovani. Le litanie del prete rappresentano probabilmente un residuo dell’antico pianto stagionale per la pianta tagliata ,descritto in altre culture. I buoi, gli agricoltori e la giovenca, che sono appunto ad attendere fuori dal bosco, diventano i protagonisti nel terreno agricolo,sui campi seminativi, solcati nel rito propiziatorio dal tronco-aratro che li attraversa, fino al paese.

 30 APRILE MEZZOGIORNO Il corteo procede con brevi soste tra grida e spari. Da qualunque zona venga tagliato,il tronco però a mezzogiorno deve arrivare alla curva di Sant’Antonio presso il cimitero,per una sosta in cui vengono offerti panini e vino. Esso inoltre deve sempre attraversare la piana,non puo’ entrare direttamente nel paese. Il contatto perfino fisico col cimitero ripropone il legame tra rito agrario e rito funerario. Nel sacrificio della pianta sono esaltate la morte e la vita. L’obbligo di alcuni atti,la disciplina del rito,le soste,sono elementi comuni a cerimonie funebri di varie civiltà. Quando il corteo degli uomini con il tronco trainato dai buoi lambisce il cimitero di Pastena, ebbene, è qui, in questo gesto altamente simbolico che la comunità rinnova non solo il suo legame spirituale con le generazioni che l’hanno preceduta, ma cerca di fondare il suo insensato fare nella quiete sacra della Tradizione. Questo passaggio Pannozzo non solo lo ha saputo cogliere in maniera opportuna, ma lo ha giustamente evidenziato. I morti non devono inghiottire i vivi. La Tradizione, cioè, non deve seppellire la comunità presente. E’ vero, la Tradizione conferisce senso al presente. Ma il presente può esistere solo nella prospettiva escatologica. La comunità di Pastena esiste solo perché essa può disporre di un futuro. Il senso della comunità di Pastena, la sua Tradizione, dipendono dal rapporto che le donne e gli uomini riusciranno ad intrattenere con il futuro.

1 MAGGIO Al mattino il tronco dell’albero,reso liscio per il tormentato cammino del giorno precedente,giace solo nella piazza.

Poi nel silenzio ad uno ad uno spuntano dai vicoli gli uomini a predisporre la buca,profonda un metro e mezzo, ed a levigarlo definitivamente con le asce. Sul ciuffo di rametti che é rimasto alla sua estremità viene unito un piccolo fascio di fronde di ginestra (fiori di maggio), ed una croce di legno. Altri predispongono le funi e incrociano pali di legno per sollevarlo. Tutti insieme nell’ultimo sforzo e l’albero viene eretto sulla piazza. La sua altezza può raggiungere dai 14 ai 22 metri ed il diametro oscilla fra 110 e 120 centimentri. Ancora spari di fucile salutano l’evento. Poi tutti a pranzo. La vitella, ancora lì a fianco dell’albero,viene portata via,macellata in giornata e distribuita dal mastro di festa. Il matrimonio primaverile è compiuto. Il simbolo fallico si erge sulla piazza.

3 MAGGIO  Nel pomeriggio il tronco viene cosparso di grasso ed olio bruciato. Un tempo la miscela oleosa era preparata con fichi d'India, sapone e brodo. Squadre di giovani,muniti di pezze di stoffa e di cenere,si provano uno dopo l'altro a salirlo. Nella piazza gremita é un susseguirsi di incitamenti e di sfottò. Vince chi raggiunge l'estremità dove sono collocate le ciambelle e gli altri doni. In serata durante la messa del " Possesso" il "Mastro di festa" con la cerimonia dello scambio delle candele , passa il testimone a colui che lo sostituirà l'anno seguente,secondo una lista di prenotazione conservata in parrocchia. La festa popolare continua in serata con elementi di civiltà dei consumi: complessi musicali e giovani presentatrici.Fino ai primi di settembre l'albero resta alto nella piazza, poi apparterrà di nuovo al suo padrone che ne disporrà a piacimento.

 Come nel maggio di Accettura,dove viene trasportato da un altro bosco dai cimaroli,anche a Pastena sulla cima del tronco é legato l’alberello-femmina,qui insieme alla croce. Questa fusione tra maschile e femminile é finalmente possibile. E’ un vero percorso evolutivo che si compie,quasi un rito di iniziazione dell’adolescente,che dopo la fase dei giochi e del diverimento (che hanno contrassegnato le prime fasi del maggio) entra insieme all’albero nella comunità degli adulti,pronto ormai al congiungimento con l’altro sesso. E’ evidente tuttavia come l’ingresso del maggio "dentro le mura" e, l’erezione nella piazza, nella "polis" direbbe Lledo,segni un altro passaggio,quella dalla appartenenza al clan, e al mondo magico, allo sviluppo dell’io, e dell’individualità che si realizza nella città. In questa parte della festa,dopo la fase predatoria e quella successiva del mondo agricolo ancora presenti nelle cerimonie del giorno precedente,fa la sua apparizione infatti anche la fase della lavorazione degli uensili,il mondo artigiano. Qui è l’ingegno che costruisce gli attrezzi,il protagonista,come il lavorio della mano dell’uomo,di questi uomini che come in un copione scritto da secoli,mettono a disposizione della comunità la loro arte ed il loro mestiere per un fine collettivo.

 E’ una partecipazione appassionata, un susseguirsi cadenzato di gesti il cui significato sovrasta gli ignari esecutori,culminando in questa erezione dell’albero-totem,che ripropone a Pastena,come in una fusione filogenetica,il rinnovarsi del cammino dell’uomo cacciatore,agricoltore,artigiano. Da regnum Dei la terra è così diventata regnum hominis: la prepotente erezione dell’albero-maschio verso il cielo a cos’altro allude se non alla simbolica sfida dell’uomo che con esso celebra virilmente l’avvenuto possesso della terra? Ma è un possesso, il suo, umano. Troppo umano. Un possesso prometeico, appunto. Ecco perché c’è bisogno di incidere la croce sul tronco dell’albero, che diventa così sacro. I RITI DELL’ALBERO DAL CARNEVALE AL MAGGIO ALCUNE ANALOGIE COL MAGGIO DI PASTENA L’albero col suo rinnovarsi,come simbolo di potenza e di forza capace di sollevarsi dalla terra verso il cielo,é stato da millenni oggetto di venerazione. Tronchi di albero, abeti, palme ed ogni altro genere di vegetazione, sono entrati nei riti di innumerevoli civiltà,soprattutto agrarie,in ogni parte del mondo. Le interpretazioni che vengono date al rito primaverile dell’albero sono alquanto varie: per Hammer rappresenta una dvinità fallica, per Grimm il dio d’estate,per Frazer lo spirito di vegetazione,per Dietrich é l’anima dei morti. In genere,come abbiamo accennato,esso é legato al passaggio dalla cattiva alla buona stagione,al rinnovarsi primaverile,ed é per questi accostamenti che cerimonie con gli alberi iniziano dal Capodanno o dal Carnevale,fino al Calendimaggio. La Chiesa ha cercato di far coincidere queste feste col suo calendario,ma in genere i rapporti con questi riti sono stati sempre alquanto vivaci. Il Concilio Cartaginese nel 397d.C. condannò il culto pagano degli alberi.Il Sinodo di Alba (1626) e di Alessandria (1702) proibirono il Calendimaggio. Ma,per restare in Italia,cerimonie analoghe al maggio di Pastena sono sopravvissute ancora oggi in numerose regioni con forme le più diversificate.

Fabio Pannozzo

 

 

Un ringraziamento all'autore Fabio Pannozzo che ne ha consentito la pubblicazione.